Questa sera il cuore di Eluana ha cessato di battere, ma resta ancora attuale il tema etico e politico legato al suo decesso.
La Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo all'art. 2 recita che "Il diritto di ogni persona alla vita è protetto dalla legge. Non può essere volontariamente inflitta la morte ad alcuno, eccetto che in esecuzione di una sentenza capitale, prunnziata da un tribunale nel caso in cui un delitto punito dalla legge con questa pena".
Laicamente viene sancita l'inviolabilità della vita umana, ne consegue l'indisponibilità assoluta da parte dell'individuo.
Stabilire il momento di inizio e del termine della vita umana si trasferisce dalle aule universitarie al letto di un ospedale, agli ambulatori dove vengono dispensate cure abortive.
Da oggi anche il diritto alla morte entra a far parte dell'ordinamento italiano.
Accanto alla scelta di un genitore di far venire o meno alla nascita il figlio, da stasera viene dato a quel genitore la possibilità di interrompere o meno la malattia, la vita del figlio stesso.
Sia nell'uno che nell'altro caso il diretto interessato non ha potuto esprimere la sua volontà. Ritengo che questo sia un arbitrio pericoloso.
Non invidio quei Deputati e quei Senatori che in questi momenti affrontano in Parlamento questi temi.
Non li invidio perchè sull'argomento sono attanagliato nel dubbio.
Personalmente credo nell'inviolabilità della vita, anche se comprendo il dramma di un padre che da 17 anni vede la figlia in stato vegetativo permanente, senza prospettive di migioramento.
La mia mente corre a quelle famiglie che vedono nascere i propri figli con handicap fisici o mentali, chi vede famigliari afflitti da malattie degenerative, chi purtroppo è malato di cancro.
Un dramma simile a quello che affliggeva la famiglia Englaro.
Vedo con orrore la possibilità che un parente, che vive sicuramente un dramma fortissimo, possa decidere il momento per mettere fine alla sofferenza.
Le sofferenze ed i dolori, purtroppo, fanno parte della vita e, laicamente, ritengo che nessuno possa farsi arbitro della vita altrui.
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